Marco Marconi, rivista “Arceri”, 1986
Questo report tratta di un semplice metodo per giudicare l’efficienza dell’impennaggio ai fini della stabilizzazione aerodinamica delle frecce in volo.
Spesso gli arcieri pongono molta attenzione, e a ragione, nella scelta del tipo di asta per le loro frecce, valutano accuratamente lunghezza e rigidezza adatte, aiutati da tabelle e prove sul campo. Una volta scelta l’asta, non altrettanta cura viene posta nella scelta della forma, dimensione e posizione dell’impennaggio; per questa scelta, molto importante, si va per esperienze personali, consigli, regole empiriche derivanti dal buon senso, ma soprattutto gusti personali.
Buone e funzionali regole empiriche sono soprattutto due e sono interconnesse: da un impennaggio si cerca di ottenere una buona stabilità del volo della freccia e una bassa resistenza aerodinamica; infatti non servirebbe avere un impennaggio che renda molto stabile la freccia ma nel contempo la rallenti in maniera inaccettabile.
Ecco che seguendo questo ragionamento sono via via cadute in disuso le romantiche penne naturali, perché offrono molta resistenza aerodinamica e una qualità alquanto disuniforme e vanno ormai affermandosi, per il tiro alla targa, alette di plastica molto sottili che hanno il vantaggio di offrire basse resistenze aerodinamiche e una qualità molto uniforme unita a una buona stabilità dimensionale.
La domanda che andavo però ponendomi da qualche tempo era se esisteva qualche cosa, qualche numero, qualche indice per poter confrontare fra di loro la stabilità di due diverse frecce, cioè volevo avere la possibilità di sceglierne una a ragion veduta e non a sentimento e quindi rispondere alla domanda delle domande: qual è la soluzione migliore? Nella letteratura sul tiro con l’arco che ho potuto consultare non ho trovato risposte, così è cominciato il mio lavoro che presento in questa proposta.
Nelle costruzioni aeronautiche è in uso un indice per valutare l’efficienza della coda di un velivolo ai fini della stabilità: il “Rapporto volumetrico di coda” dal quale si può ragionevolmente derivare un ottimo indice di efficienza per impennaggi di frecce semplificandolo e adattandolo al caso col nome di VOLUME DI CODA. Il pregio di questo indice è la semplicità e l’espressività dei suoi termini, che possono dare indicazioni molto chiare e comprensibili.
V=LxS
V = volume di coda
S = superficie dell’impennaggio
L = distanza fra centro aerodinamico delle alette e baricentro della freccia
Questo indice porta questo strano nome perché ha le dimensioni fisiche di un volume, e cioè m3, oppure cm3, o mm3, a seconda delle unità di misura usate per le lunghezze e per le superfici; per comodità ho usato per le mie misure i mm cosicché il volume di coda mi viene espresso in mm3. Infatti una superficie moltiplicata per una lunghezza è un volume. L’aggettivo “di coda” si giustifica da sé senza ulteriori chiarimenti. Da notare che questo numero è solo un indice, non ha significato fisico per se stesso, ma ha senso solo per fare confronti fra diverse soluzioni, fra una freccia e un’altra.
Altra cosa degna di evidenza è che tutti i ragionamenti devono essere fatti avendo già scelto l’asta adatta per lunghezza e rigidezza.
Passo a descrivere le grandezze che compongono il Volume di coda (V). Per prima cosa bisogna determinare la posizione del baricentro della freccia; questa misura è relativamente semplice, si prende una freccia completa, con punta, cocca e aletta e la si appoggia su di una lama o su di uno spigolo vivo e la si sposta fino a che non si trova una posizione per l’appoggio tale che la freccia rimanga pressoché orizzontale, un po’ come le bilance a piatti; il punto di appoggio è cosi il baricentro cercato.
La ricerca della posizione del baricentro della freccia è raccomandata anche dai costruttori di aste e punte, infatti questi prescrivono che il baricentro cada nel limite del 7% o 9% F.O.C, (front of centre) a seconda della punta usata. È dunque una misura che bisognerebbe sempre fare.
Per determinare la lunghezza (L) che entra nella formula del volume di coda bisogna conoscere la posizione del centro aerodinamico delle alette, la cosa non è del tutto agevole. Il centro aerodinamico è il punto in cui si può pensare applicata la forza aerodinamica che serve per tenere la freccia sulla sua traiettoria, cioè la forza stabilizzante che nasce quando la freccia è sbandata.
Questa forza e quindi anche il suo punto di applicazione dipendono dalla forma e dimensione delle alette, dall’angolo di sbandamento e dalla velocità. Si potrebbe eseguire un calcolo abbastanza preciso, ma ci vorrebbero molti dati e sarebbe lungo e noioso, si perderebbe così la praticità e la semplicità. Si può ragionevolmente pensare, senza commettere grossi errori che il centro aerodinamico delle alette sia a un terzo della loro lunghezza a partire dalla parte posteriore, quella che sta verso la cocca, oppure se si vuole a due terzi della lunghezza a partire dalla parte davanti, quella che sta verso la punta.
Questa è dunque una logica convenzione per trovare la posizione del centro aerodinamico, basta misurare la lunghezza dell’atleta, in corrispondenza della parte che va incollata all’asta (questa misura è spesso riportata sui cataloghi) e poi dividerla per tre e segnare il punto sull’asta. Misurare la distanza fra questo punto e il baricentro già trovato è semplicissimo ed è bene farlo in millimetri. Ecco trovata la distanza L che serve.
Il calcolo della superficie di un’aletta non è semplicissimo ma si riesce ad eseguire perché quasi tutte le alette rientrano in due grandi categorie di forma, quelle triangolari o a “scudo” e quelle a profilo parabolico, in questa categoria molto in auge sono quelle piuttosto corte che per la loro forma assomigliano a “cuoricini”. Il calcolo dell’area basta farlo una volta per tutte e cioè basta costruire una tabella con le aree delle alette più in uso, perché ognuno possa calcolarsi agevolmente il volume di coda delle proprie frecce.
In un lavoro che ho svolto in parallelo a questo, ho sviluppato un metodo di calcolo per le aree in questione e conto di compilare fra breve la relativa tabella.
Da notare che ogni aletta ha due facce e se la freccia porta tre alette, per avere l’area dell’intero impennaggio si dovrebbe moltiplicare l’area di un’aletta per sei, ma si avrebbero solo numeri grandi, poco agevoli da trattare, senza ottenere ulteriori informazioni. Se tutte le frecce avessero lo stesso numero di alette, basterebbe l’area di una sola, però c’è da considerare il fatto che, anche se raramente, sono in uso impennaggi con più di tre alette, allora per tenerne conto moltiplico l’area di una aletta per il numero delle alette. Dunque l’area dell’impennaggio è l’area di un’aletta moltiplicata per il numero delle alette.
Passo ora ad esaminare quali informazioni può dare il volume di coda e le grandezze che lo compongono : V = L x S. Più è grande il volume di coda più la freccia è stabile; un grande volume di coda lo si può ottenere con un grande S, cioè con tante alette o con alette grandi, oppure con un grande L, cioè con alette molto arretrate.
La strada di aumentare S non è molto proficua perché la maggiore stabilità la si paga con una più grande resistenza aerodinamica e quindi frecce più lente. La strada che sembra la migliore è quella di aumentare L e cioè arretrare il più possibile l’impennaggio.
Per aumentare L c’è un’altra strada, quella di spostare in avanti il baricentro, questo nei limiti di un buon assetto dei pesi della freccia. Per avanzare il baricentro si possono usare alette e cocche più leggere, ma questo da ben poco contributo la cosa più importante è usare punte più pesanti, quindi una freccia con punta pesante è più stabile della analoga freccia con punta leggera. Ecco spiegata una delle ragioni della preferenza di molti arcieri per punte pesanti, le 9% F.O.C.
È da notare che una freccia lunga è intrinsecamente più stabile, dato che può vantare un grande L.
Se per assurdo si pone l’impennaggio sul baricentro della freccia, cioè il centro aerodinamico in corrispondenza del baricentro, la distanza L si annulla, così diventa uguale a zero anche il volume di coda, con questo assetto l’impennaggio è perfettamente inutile, serve solo da freno. Considerando positiva la distanza L verso la coda e negativa verso la punta, se si pone l’impennaggio davanti al baricentro, verso la punta, la distanza L diventa negativa, così pure il volume di coda, con questa soluzione le penne hanno un effetto in stabilizzante, così al posto di minimizzare gli sbandamenti, questi vengono accentuati. Se il volume di coda diventa molto grande, col segno negativo, cioè con le penne molto avanzate, molto vicino alla punta, ci si può aspettare che la freccia in volo compia una capriola, ad evidenza della sua grande instabilità.
Un’altra domanda alla quale questa formuletta è in grado di fornire risposte, è se sia meglio usare alette basse e lunghe piuttosto che alette corte e alte che abbiano la stessa area. Conviene usare alette corte e alte, perché così il centro aerodinamico risulta arretrato, quindi si può aumentare anche per questa via la distanza L a tutto vantaggio della stabilità, a parità di area impiegata. Un’altra ragione per usare alette abbastanza corte e alte è che quelle molto basse non spuntano bene dallo strato limite generato dal moto dell’aria intorno all’asta, così che non possono lavorare efficacemente.
Ecco una delle ragioni perché molti arceri preferiscono alette a profilo parabolico piuttosto corte (meno di 55 mm.) tipo “cuoricino”.
La ragione della preferenza del profilo parabolico può in qualche modo essere spiegata dal fatto che questo tipo di profilo non presenta spigoli, al contrario delle alette triangolari o a “scudo”. Gli spigoli generano turbolenze e quindi resistenze al moto, però questo effetto è sicuramente di entità molto modesta. Di entità trascurabile è pure l’effetto delle sbavature della colla usata per attaccare le alette, infatti questa zona della freccia è da ritenere ampiamente dentro il suddetto strato limite e quindi questo problema è sicuramente di limitato interesse.
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M.Marconi, Volume di coda, Arcieri 1986