Cosa è la curiosità?
Professor Mario Livio, cos’è la curiosità?
«Sbagliamo a usare una parola sola per definirla, perché di curiosità ce ne sono almeno quattro, secondo un’efficace interpretazione dello psicologo inglese Daniel Berlyne. La più immediata è la curiosità percettiva: vediamo una cosa mai vista prima e sentiamo il bisogno di capire cosa sia. Molto comune è la curiosità specifica: quella che riguarda un’informazione precisa. Ha presente quando diventiamo matti perché ci sfugge il titolo di una canzone o il nome di un attore? Poi c’è la curiosità diversiva: è quella che sorge quando ci stiamo annoiando e cerchiamo un qualsiasi stimolo, ad esempio andando a vedere cosa dicono i nostri amici su Facebook. Tutte queste forme di curiosità sono facili da soddisfare e durano poco. Molto più interessante e feconda è invece la curiosità epistemica: la curiosità per la conoscenza. Sta alla base della ricerca scientifica e anche dell’arte. È quella che Thomas Hobbes chiama “lussuria della mente”. È unica, perché ci può accompagnare piacevolmente per tutta la vita».
Da una lezione della prof. Daniela Lucangeli.
Il processo di apprendimento basato su un flusso del tipo
- Io ti spiego
- Tu apprendi
- Io controllo
conduce ad una relazione del tipo imparare=ansia, disagio.
Invece innestare un processo imparo=sto bene può essere la base per creare un nuovo modo di insegnare ed imparare le nozioni che sono funzionali a ciò che vogliamo.
Consentire a tutti la migliore comprensione possibile significa personalizzare, non significa massificare
Il primo errore che abbiamo fatto è pensare che la risposta fosse dare conoscenze prestazionali che andavano ad arricchire soltanto memorie prevalentemente passive.
Il secondo errore che abbiamo fatto, involontario, è stato quello di non capire che la curiosità epistemica nutre il desiderio di sapere ancora, invece il modello passivizzante, prestazionale fa finire il desiderio nel momento in cui c’è la prestazione, come se ogni prestazione fosse il punto di arrivo.
Invece la curiosità epistemica porta ciascuno di noi a dire “e poi?” “Ancora” “me ne dai ancora?”
Se questo “Me ne dai ancora?” non nasce, noi abbiamo perso il processo sano della ricerca del sapere che continua e prosegue.